DOCUMENTO DELLA RETE MIGRANTI REGGINA


 
 
L’“EMERGENZA VENTENNALE” NON E’ ANCORA FINITA
“SCHIAVITU’ DEL MIGRANTE, PRECARIATO E MAFIA:
TRE ANELLI DELLA STESSA CATENA”

A Rosarno come nella Piana di Gioia Tauro e in Calabria esiste una
società responsabile che in questi anni si è impegnata sul territorio,
spesso in modo silenzioso e fuori dal clamore dei media, e che è
intenzionata a dare continuità al proprio operato di sostegno materiale
e di analisi delle problematiche.

Rosarno è solo uno degli anelli di una catena ben più complessa,
fatta di sfruttamento e di commistione con la criminalità organizzata
che da tempo ha esteso il suo controllo anche nella gestione dei flussi
migratori, ma la drammaticità dei fatti che hanno visto protagonista
questa cittadina è la prova evidente del fallimento delle politiche
securitarie e sull’immigrazione portate avanti negli ultimi anni,
politiche che hanno prodotto solo degrado, emarginazione,
prevaricazioni e razzismo.

La situazione di Rosarno non è nata ieri, dura da vent’anni ed era
già ben nota a tutte le istituzioni, nazionali e regionali, incapaci di
dare risposta alcuna se non di facciata. La crisi economica e
finanziaria ne ha amplificato le enormi contraddizioni, stravolgendo la
composizione degli stagionali che annualmente si riversano a Rosarno.
Quest’anno, per la prima volta, la maggioranza dei lavoratori era
costituita da migranti regolari, più coscienti dei propri diritti e
pronti a denunciare i soprusi, sfidando così a testa alta i loro
sfruttatori, ma anche la ‘ndrangheta e il suo ordine: una dignità e una
fierezza purtroppo ormai rare in una realtà dove la vita sociale e la
democrazia politica sono soffocate da un sistema clientelare-mafioso
sempre più avvitato e incattivito, garante degli interessi di
saccheggio del grande capitale.

Non possiamo sapere se il raid razzista che ha scatenato la risposta
degli africani facesse parte di un disegno più complessivo, o se la
situazione sia sfuggita di mano a chi ha voluto mandare semplicemente
un segnale intimidatorio. Quello di cui siamo certi è che la modalità
repressiva con la quale si è intervenuti, rischia di diventare un
pericoloso precedente per legittimare future “soluzioni con ogni mezzo”
del conflitto che potrebbe esplodere in altre zone ad alto rischio.

In tutta Italia infatti esistono realtà, più o meno degradate, di
sfruttamento dell’immigrazione, mancata accoglienza e assenza di
integrazione. Quello che è accaduto e che ha portato alla ormai famosa
“deportazione degli africani” – soluzione dolorosa ma a nostro parere
in quel momento inevitabile per garantire l’incolumità dei nostri
fratelli africani, vista la violenta “caccia al negro” scatenatasi a
Rosarno e nelle zone limitrofe – non è che l’anticipazione di quello
che potrebbe accadere in futuro.

La cosa che temiamo maggiormente è che “l’esportazione” rappresenti
un precedente pericoloso per consentire, o peggio ancora legittimare,
ulteriori derive populiste con altre provocazioni e conseguenti
“ripristini della normalità con ogni mezzo”; temiamo che anziché
provvedere alla rilettura ed eventuale modifica della politica
sull’immigrazione, viste le ultime dichiarazioni del ministro Maroni,
diventi prassi agire solo sugli “effetti” con metodi discutibili.

Tutto ciò sta inoltre permettendo una ulteriore, pericolosa apertura
alle culture e alle forze xenofobe e fasciste che si stanno facendo
spazio tentando di cavalcare l’ondata di malessere e panico creatasi
nella popolazione: se oggi la “caccia al negro” è finita, considerato
che gli unici stranieri rimasti a Rosarno sono di “razza bianca”, si è
aperta una nuova ondata di “caccia all’amico dei negri” fatta di
pressioni e intimidazioni rivolte a chi in questi anni ha supportato i
migranti, vivendogli accanto giorno per giorno.

La posizione della cittadinanza, dichiarata anche con l’ultima
manifestazione spontanea, purtroppo ha inteso solo ribadire il NO
all’etichettamento di Rosarno come città mafiosa e fascista. Cosa ben
diversa dal prendere posizione in favore di una politica
dell’accoglienza, della tolleranza e dell’integrazione.

Da più parti in questi giorni sono partiti appelli e proposizioni in
merito a una mobilitazione nazionale da tenersi a Rosarno: siamo certi,
purtroppo, che in questo momento non ci siano le condizioni per
effettuare qualunque tipo di iniziativa pubblica a Rosarno che non
fosse vissuta dalla popolazione come un intervento estraneo al
territorio e a danno della sua cittadinanza, e che una qualunque
forzatura in questo senso possa seriamente compromettere una ripresa
del necessario lavoro in questo territorio. D’altra parte indire oggi
manifestazioni a Rosarno contro la ‘ndrangheta o contro il razzismo,
anche con una piattaforma di convocazione la più radicale possibile,
potrebbe significare l’adesione e/o la partecipazione di soggettività,
politiche e non, in cerca di facile pubblicità o di visibilità per
l’imminente campagna elettorale.

In questa fase, perciò, è necessario che si continui a lavorare a
Rosarno come in tutta la Calabria, e non solo, per costruire un
percorso di crescita comune verso una cultura dell’accoglienza,
dell’integrazione e del rispetto dell’altro. Nelle condizioni
d’impoverimento e precarietà aggravate dalla crisi in cui versa la
Calabria, bisogna riconoscere nei lavoratori africani un prezioso
alleato insieme al quale intrecciare percorsi di riscatto sociale ormai
inderogabili, pena la compromissione di ogni possibilità del vivere
civile in questa terra.

Se per il territorio di Rosarno oggi crediamo che la sola opzione
percorribile sia di intensificare l’organizzazione di iniziative
relative ai fatti vissuti, alle dinamiche che li hanno prodotti e a
tutto ciò che può portarci verso un’alternativa all’esistente
(proiezioni, assemblee, dibattiti), riteniamo anche inderogabile
preparare un’adeguata risposta di mobilitazione allo schiaffo ricevuto
da ogni genuina coscienza democratica. In questo senso, il prossimo
consiglio dei ministri convocato nella città di Reggio Calabria è
un’importante occasione per un’attivazione delle realtà democratiche e
antirazziste della piana di Gioia Tauro e di tutta la regione, per una
denuncia politica che individui le gravi responsabilità di tutte le
istituzioni senza fare sconti a nessuno.

Ma una risposta forte deve essere data soprattutto a livello
nazionale. A questo proposito lo sciopero degli immigrati del primo
marzo acquista ancora più importanza, un’occasione forte per
contrastare le politiche razziste e securitarie del Governo ma anche le
mafie che esercitano il loro potere sulle “tratte degli schiavi”: è
nostra intenzione lavorare per costruire per quella giornata una forte
mobilitazione anche nella nostra città.

Inoltre riteniamo necessario soprattutto lavorare per creare una
piattaforma condivisa e una proposta che possa rappresentare una seria
alternativa all’attuale assenza e/o inadeguatezza delle politiche della
migrazione in Italia, che consentono l’introduzione di leggi razziste e
generatrici di malessere e clandestinità come la Bossi-Fini. Per questo
proponiamo per aprile la convocazione degli Stati generali
dell’antirazzismo in Calabria, possibilmente a Riace – proprio per ciò
che in questo momento il borgo jonico rappresenta non solo in Calabria
– come momento di riflessione comune con tutti coloro che si occupano
di immigrazione ad ogni livello.

 Rete Migranti Reggina 

  1. #1 di JasmineHodge35 il 10 Gennaio 2012 - 10:54

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