13 febbraio 2010: “Se non ora, quando?!”. Analisi, riflessioni e proposte sulla questione femminile e di genere in Italia.


Una macchina, una birra, una mozzarella, una ruota, una patata, un pannello solare, un profumo, una natica, una coscia, un seno, una bocca, un buco!
Questi sono solo alcuni degli esempi di cosa sia la donna oggi in Italia. Nel migliore dei casi un oggetto, fino ad una bambola gonfiabile sempre a disposizione, sempre pronta ad eccitarsi anche se mangia uno yogurt, a cui è vietato invecchiare, ingrassare, vestire male, non truccarsi, arrabbiarsi, avere una sessualità libera, decidere, parlare, scegliere, pensare.
La questione femminile in Italia va ben oltre il caso Berlusconi, che non è che il prodotto di una società malata, maschilista, ossessionata dal sesso ma allo stesso tempo repressiva verso la libera sessualità. A Berlusconi le dimissioni vanno chieste, sì, ma principalmente per tutta la sua condotta politica, prima ancora che morale.

Brave donne o malefemmene? Rifiutiamo questa distinzione! Soprattutto nel momento in cui anche la scelta di carriere o soldi facili, tramite la vendita del proprio corpo, non è di certo così consapevole o libera, ma altro non è che lo sbocco naturale di un corpo costantemente svilito e mercificato, e di menti frustrate e oppresse da modelli irreali creati solo in funzione del dio denaro.

Con quale coraggio una parte consistente dell’attuale classe politica pretende di indignarsi trasversalmente oggi per la condizione della donna in Italia, quando poi in parlamento o nelle sedi delle istituzioni locali crocifigge la donna sull’altare della morale quotidianamente, varando o appoggiando leggi come la 40/2004 sulla fecondazione assistita o la legge Tarzia, nel Lazio, che di fatto cancella i consultori pubblici come strutture sanitarie laiche e accoglienti, finanziando poi quelli privati?!
Come si fa a dichiararsi indignati per il trattamento delle donne in Italia e poi attaccare costantemente la 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza, criminalizzando quotidianamente quelle donne che compiono una scelta, già così difficile, come l’aborto? Che volontà c’è di tutelare la donna quando si promuovono campagne contro la pillola abortiva RU-486, rendendola burocraticamente più complessa anche dello stesso aborto chirurgico, solo perché psicologicamente un po’ meno traumatizzante? Ricordiamo che in Calabria di questa pillola ne sono stati ritirati dalle asl solo 10 scatoli in tutta la regione!
Un paese sessuofobo, dicevamo, in cui si è tornati all’epoca dei grandi tabù. Di certe cose non si parla, si fa finta di niente: e così nessuna informazione sulla contraccezione, sulle gravidanze, sulle malattie sessualmente trasmissibili, sulla contraccezione d’emergenza.
Si parla della fantomatica pillola del giorno dopo solo per accusarla di essere moralmente sbagliata, ma mai per ricordare che l’obiezione di coscienza sulla sua prescrizione non esiste (e non ne avrebbe motivo) ed è illegale, a differenza di quanto alcuni medici fanno credere in svariati pronti soccorsi!

Ed eccoci al punto: la consapevolezza. Una donna consapevole inizia ad essere libera. E da qua dobbiamo ripartire. La parità di genere non è qualcosa che si può raggiungere con le quote rosa, poiché non dobbiamo imporre la nostra presenza numerica, ma prima di tutto la nostra autorevolezza nelle questioni politiche, sociali o economiche che siano; la presenza numerica diventa una naturale conseguenza.
E non possiamo di certo raggiungere la parità di genere con l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne! Soprattutto quando ancora alle donne viene affibbiato lo stereotipo di mogli e madri oltre che lavoratrici, come eterne casalinghe disperate, ampiamente rinnovato dai media nelle menti, adulte e infantili, maschili e femminili, che devono quindi farsi necessariamente carico della cura della casa e dei figli (per i quali non sono neanche a disposizione posti negli asili), come se fossero compiti assegnati loro per grazia divina, a donne che poi spesso si vedono licenziate o neanche assunte per anche la sola eventualità di una possibile gravidanza, e che ancora vivono una netta disparità di salari, di turni e di trattamento rispetto agli uomini sui luoghi di lavoro (basti anche solo pensare a tutte le molestie, più o meno velate, subite ogni giorno).

Noi studenti e studentesse del collettivo degli universitari di Reggio Calabria riteniamo che si debba ripartire da alcuni punti cardine:
– Introduzione dell’educazione sessuale assolutamente laica nelle scuole di tutti i gradi, con diversi livelli di approccio alla materia, e la collaborazione stretta di psicologi e ginecologi;
– Leggi che puniscano severamente l’uso di messaggi, immagini e stereotipi sessisti nelle pubblicità e nelle trasmissioni radiotelevisive, aggravando ulteriormente la posizione di quegli spot rivolti al pubblico infantile e di quelli che contengano espliciti incitamenti alla violenza sulle donne;
– Diffondere l’informazione sulla contraccezione d’emergenza, rendere più snello e semplice il reperimento della pillola del giorno dopo, senza obbligo di ricetta, così come trasferire nella categoria dei farmaci da banco le pillole contracettive, come avviene anche in molti altri paesi;
– Potenziare la diffusione e l’attività dei consultori pubblici e laici, come previsto dalla legge 194;
– Promuovere la partecipazione dei cittadini e delle cittadine alla vita politica del paese, rimuovendo gli ostacoli al riconoscimento delle donne in politica come parte integrante ed indispensabile di essa. Evitare del tutto le strumentalizzazioni delle lotte delle donne con, ad esempio, inutili scelte di consegne di raccolte firme l’8 marzo, o indignandosi formalmente, per poi ignorare di fatto la presenza di ragazzine di, molto probabilmente, neanche 18 anni costrette a vendere il proprio corpo a pochi metri dai palazzi del potere di questa città, o pensando che il problema si risolva nascondendolo o trasferendolo di quartiere;
– Diffondere, partendo dalle strutture pubbliche, l’introduzione dei nidi aziendali per le lavoratrici e i lavoratori, permettendo così una semplificazione della contemporanea gestione di lavoro e cura dei figli, mettendo di fatto sullo stesso piano entrambi i genitori.

Solo con un concreto percorso costituito dall’integrazione di questi elementi si potrà ottenere un cambiamento di mentalità, anche di quella componente sociale maschile ancora attaccata agli stereotipi di genere, partendo dall’educazione dei più piccoli, arrivando alla tutela e al rispetto della libertà di scelta consapevole della donna per il proprio corpo e per la propria sessualità.
Il collettivo ha intrapreso già al suo interno un percorso sulla questione di genere e l’antisessismo, suo principio fondante, che presto amplierà condividendolo con il resto della popolazione, studentesca e non, e con chi vorrà approcciarsi all’argomento.

Vogliono addomesticarci…CI AVRANNO INDISPONIBILI E RIBELLI!

Collettivo degli Universitari di Reggio Calabria – AteneinRivolta

13 febbraio: se non ora, quando?! l'intervento del Collettivo UniRC

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  1. #1 di LiberReggio il 17 Febbraio 2011 - 10:26

    Bel discorso!!!

    Bisogna esserci sempre!
    Anche se a noi non ci considerate informazione indipendente ;) noi ci saremo sempre dove fischia il vento, speriamo di essere sempre fianco a fianco…

    ps. – complimenti per questo nuovo template, molto meglio di quello che avevate prima

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