DATECE NA “BOTTA DE LEGALITA'”


Di seguito riproponiamo il comunicato che è stato letto durante la conferenza tenuta da Mario Botta nell’aula magna della facoltà di architettura dell’università degli studi di Reggio Calabria.

La fase attuale pone una severa riflessione, così come altrettanto severa deve essere l’autocritica sugli ultimi eventi che hanno investito l’Ateneo della Mediterranea, nella sua interezza. Tutti quanti siamo chiamati a rispondere, non tanto alla tempesta mediatica in atto, quanto alle nostre rispettive coscienze.  Oggi sotto accusa non è la nostra reputazione di studenti meridionali, ma il nostro futuro, come individui e come lavoratori.

Ci rifiutiamo di sprofondare nel baratro di polemiche generalizzanti, che pongono sullo stesso livello dinamiche culturali diametralmente opposte: ad essere offesa è la nostra dignità di studenti che, consapevolmente, hanno deciso di intraprendere il loro percorso di studi senza abbandonare la propria terra, con la ferma convinzione di poter essere comunque soggetti attivi nella costruzione di un cambiamento reale del nostro territorio, nonché di un futuro che possa essere positivo per tutto il paese.

È invece in chiave culturale che deve essere affrontata la questione; noi denunciamo a gran voce che questa deriva ha come esito unico la svalutazione totale del nostro titolo di studio. Un titolo di studio conquistato tra le molte difficoltà e i pochi sostegni, insidie queste che vengono alacremente scavalcate da pratiche, che sanciscono una differenza netta nei diritti degli studenti che vivono l’ambiente accademico reggino. È interesse di tutti coloro che, come noi, portano avanti la loro carriera con onestà e sacrifici, che questo sia il punto di partenza di un percorso, finalizzato a sradicare dinamiche che nulla hanno a che fare con la cultura e l’alta formazione, che si pongono alla base dell’ordinamento universitario.

A questo punto è doverosa una presa di posizione nei nostri confronti. L’indifferenza generalizzata di fronte a tutto ciò che concerne la vita accademica, l’accettazione passiva dello status quo e l’approccio acritico agli avvenimenti che sconvolgono il mondo della formazione, creano il terreno fecondo sul quale di fatto si consente la proliferazione di soprusi e disparità, in quello che dovrebbe essere un diritto fondamentale e inalienabile dell’uomo, ossia il diritto ad elevare la propria coscienza.

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